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Internet è morto e anche gli influencer non stanno molto bene

Con la diffusione di internet, negli ultimi 20 anni, è nata anche la figura degli influencer. Una nuova professione, che si è diffusa a partire dalla fine del primo decennio del 2000, dove la fama è diventata quantificabile e ottenibile da chiunque. Con l’avvento di piattaforme come Instagram, YouTube e Twitter persone “comuni” hanno cominciato a guadagnare popolarità e a costruire un seguito fedele, condividendo contenuti personali e specializzati in vari settori. I brand hanno rapidamente riconosciuto il potenziale di marketing di questi individui, vedendo in loro un mezzo per raggiungere in modo più diretto e autentico i consumatori. 

Il cosiddetto ritorno economico era calcolato in like, commenti e visualizzazioni, una sorta di nuova valuta chiamata “Engagement”.

Come spesso accade nel capitalismo avanzato, i grandi brand si sono affrettati a sfruttare i social media, inondando piattaforme come Facebook, Instagram e YouTube di denaro che, a sua volta, doveva essere in parte distribuito agli influencer che generano più traffico sui siti. Il risultato è una corsa all’oro in cui le persone cercano costantemente scorciatoie per aumentare l’interazione e trarre profitto dalla pubblicità e dai post sponsorizzati. Con l’ascesa dell’IA generativa, i problemi si sono aggravati al punto che alcune persone credono che la maggior parte dei post, dei like e dei commenti siano generati artificialmente.

Gli influencer “morti”

La teoria dell’internet morto è apparsa infatti per la prima volta online nel 2016/2017. L’idea è che oggi internet sia principalmente “abitato” da bot che usano l’intelligenza artificiale per scrivere, creare e commentare post. Fondamentalmente, i bot creano post sotto i quali altri bot commentano e dibattono. Ora che l’intelligenza artificiale generativa è diventata più diffusa, sembra che la teoria possa essere inquietantemente accurata.

Le cosiddette “fattorie di clic” stanno diventando sempre più popolari in Cina e anche l’Italia non ne è da meno. Queste fattorie sono composte da centinaia di smartphone collegati a un singolo computer e, secondo un articolo pubblicato su Yahoo Finance, «sono programmate per promuovere app imitando un vero utente, cercando determinate parole chiave, cliccando sull’app, scaricandola e persino scrivendo recensioni positive».

Questo fenomeno sta accadendo su tutte le piattaforme, Facebook ne è probabilmente il precursore. Infatti, il social media ha chiuso più di 5 miliardi di account falsi solo nel 2019. Oggi il problema è altrettanto grave, se non peggiore, con una serie di immagini generate dall’intelligenza artificiale costantemente pubblicate e mostrate nel feed, insieme ai commenti dei bot per aumentare l’interazione.

Non sorprende, infatti, che i brand stiano optando per distanziarsi dagli influencer tradizionali, poiché i dati su cui si basa la loro fama potrebbero facilmente essere gonfiati e vuoti. Per esempio, nel caso “Ferragni” l’ipotesi alternativa è che il crollo degli utenti sui social media, dell’imprenditrice digitale avvenuto negli ultimi mesi, non sia direttamente collegato al Pandoro Gate e ai suoi trascorsi legali, ma al fatto che i gestori delle piattaforme social abbiano potenzialmente eliminato gli account falsi che la seguivano a seguito di segnalazioni. Un termine che potrebbe descrivere questo fenomeno è “pulizia degli account falsi” o “rimozione dei bot”. 

I follower, i like e le visualizzazioni diventano infatti privi di significato quando dietro quegli account non c’è nessuno. 

I nuovi creatori di contenuti

Invece degli influencer tradizionali, i brand stanno virando su un nuovo fenomeno. Investire in ambasciatori a lungo termine in grado di offrire pubblicità più approfondita e strategica. Non c’è nulla di particolarmente nuovo se si pensa che gli stessi consumatori stanno progressivamente scegliendo la strada “slow”: eticamente più corretta e consapevole. Cibo a chilometro zero, abbigliamento di seconda mano, app di riutilizzo ed economia circolare. 

TikTok, il perfetto mix di piattaforma di social media e intrattenimento, ha inflitto il colpo finale agli influencer. I brand oggi sono meno interessati ai numeri superficiali e preferiscono collaborare con persone basandosi sulla qualità dei loro contenuti. Nonostante i numeri di TikTok siano ancora estremamente gonfiati, i creatori riescono comunque a coltivare una fanbase fedele.

Sebbene internet non sia ancora completamente infestato da bot e contenuti generati dall’intelligenza artificiale, è chiaro che è la direzione in cui si sta dirigendo. Piattaforme come Facebook, X e Instagram non stanno facendo nulla per fermare questo tipo di contenuto. Poiché traggono ancora profitto da questa falsa interazione e numeri gonfiati.

Ciò che preoccupa davvero molti, è come questa ondata di contenuti generati dall’intelligenza artificiale possa negativamente evolversi. Dal canto nostro siamo certi che, come già accaduto in passato, a salvare il mondo sarà chi riuscirà a distinguersi dalla macchina e fare la differenza.

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